Tutto il cuore, tutta la mente, tutte le forze
1. Un tempo e un tempo
Ci sono le stagioni della lotta, i giorni del vigore e dello slancio, ci sono gli anni dell’entusiasmo, animati da quella passione semplice e da quel coraggio spensierato che non teme niente, non calcola la fatica, non si sottrae al pericolo. Ci sono anche stagioni della storia in cui il clima complessivo che si respira nella società è di fiducia, le grandi imprese sembrano a portata di mano, le possibilità e le energie sembrano inesauribili.
Forse di un’epoca simile è attestazione (o nostalgia?) quello che Paolo scrive agli Efesini, animandoli a resistere, a lottare, con quella sorta di fierezza di chi dispone di armi per fare fronte e va allo scontro con quella specie di audacia impaziente di avere un’occasione per dimostrare di che cosa sia capace.
Sono le stagioni in cui fioriscono personalità di spicco, si mette mano a imprese mai tentate prima, si fondano istituti, si raccoglie entusiasmo e si affrontano dure opposizioni.
E bella la giovinezza della fede che si esprime in creatività, freschezza sorgiva, originalità di sogni e grandiosità di progetti!
Ci sono poi le stagioni della stanchezza, i giorni degli acciacchi e della lentezza: vengono gli anni dell’apprensione, della ritirata. Dappertutto si diffonde l’impressione di un declino, la constatazione di un invecchiamento, la persuasione di un inevitabile arretrare, di un venir meno delle forze, di un irrimediabile esaurimento dei sogni e del coraggio. Sono le stagioni della malavoglia, della stanchezza, del “tirare avanti” per inerzia più che per una determinazione a raggiungere una meta desiderabile.
Forse di un simile clima è attestazione la parola attestata da Matteo, quella che Gesù rivolge ai suoi discepoli “stanchi, oppressi … in cerca di ristoro‘’.
Diverse dunque sono le stagioni della vita di ciascuno, diverso il clima Chiesa, diversa “l’aria che tira” nelle epoche della storia.
Tutti noi – probabilmente – abbiamo attraversato queste diverse stagioni e possiamo ricordare e raccontare di giorni di entusiasmo e giorni di stanchezza, di momenti di slancio e di momenti estenuati. Così anche la dott. Fiorentino, la cara Ezia, nella sua lunga vita ha sperimentato gli alti e i bassi di cui parliamo.
2. Quello che non muta
Ma la parola del Signore che in questa stessa celebrazione propone testi così diversi, quello di Efesini con il suo impeto combattivo e quello di Matteo con il suo tono consolatorio, vuole suggerire il segreto per attraversare tutti i tempi e tutti i climi, come se dicesse: ci sono tempi in cui si vive di slancio e tempi in cui si vive a stento, ma tutti i tempi sono adatti alla grazia di Dio.
Infatti nella storia della santità non conta essere giovani o vecchi, essere sani o malati, essere fieri e audaci o essere timorosi e impauriti, incontrare la popolarità e il favore di tutti oppure l’ostilità e l’indifferenza.
Che cosa dunque rende possibile la santità in ogni tempo? Quale via siamo chiamati a percorrere sempre e in qualsiasi condizione?
Dalla parola del Signore possiamo ricavare la legge della totalità, il precetto del “tutto”. Sempre con emozione si ascolta il credo di Israele: con tutto il cuore, con tutta la mente e con tutte le forze.
Il precetto del “tutto” suggerisce che quello che Dio vuole, ciò che consente a Dio di portare a compimento il suo desiderio di rendere felici i suoi figli è che l’offerta sia senza riserve, che l’amore sia senza risparmio, che la mente sia senza sospetti. Tutto: non c’entra se hai tanto o poco, importa che tu dia tutto; quello che è importante non è se hai avuto molto successo o se hai fallito in ogni iniziativa, ma se in quello che hai fatto hai amato, sempre e solo amato, il Signore.
Il precetto del “tutto” suggerisce che il peccato non è l’imperfezione, non è avere dei difetti, non è essere fragili, ma è l’idolatria, ammettere che oltre al Signore ci si debba dedicare anche a qualche idolo, riservare qualche cosa sottratto a Dio, qualche angolino del pensiero, del cuore, del tempo in cui Dio non sia ammesso.
Il precetto del “tutto” è l’introduzione al mistero di Dio come luce beata, come verità che salva. Il mistero di Dio, infatti non è complicato e riservato ai sapienti e agli intelligenti, ma è rivelato ai piccoli. Gesù ha mandato il suo Spirito per introdurre i suoi discepoli a tutta la verità (egli vi guiderà alla verità tutta intera: Gv 16,13). Gesù non ha tenuto nascosto nulla della luce e il precetto del “tutto” non impone di diventare teologi, ma di aprirsi alla rivelazione di Gesù con tutta la mente, senza ospitare nessun pensiero che non sia conforme alla verità di Gesù.
Ricordando la cara Ezia possiamo dire che ha attraversato diverse stagioni, dai momenti dell’entusiasmo, ai momenti della lotta e dell’impegno tenace per dare forma all’istituto e alla sua missione, fino ai momenti della tarda età e del declino delle forze. Ma certo ha dato testimonianza di una vita che ha praticato il precetto del “tutto” e perciò la crediamo beata, tutta felice in tutta la luce di Dio.